Una volta, per far conoscere una storia, per render noto un sopruso o vendicarsi di un torto subito, occorreva rivolgersi, meglio se per il tramite di amicizie, ad un media tradizionale (giornali, tv ecc.). Oggi, grazie ad internet, tutto questo non è più necessario. Con pochi click è possibile comunicare con il mondo intero, portare a conoscenza della collettività vicende che altrimenti rimarrebbero nell'ombra e, al contempo, innescare una tra le più efficaci forme di giustizia sommaria, quella mediatica.
Di fronte ad un fenomeno sicuramente destinato ad allargarsi, però, le autorità e i sistemi normativi si mostrano impreparati ed incapaci a contrastare i risvolti più problematici come quelli della diffamazione online e, allo stesso tempo, a trovare un nuovo equilibrio tra la legittima libertà di espressione, il diritto alla privacy e quello alla reputazione. Succede così che si possa finire in tribunale per un commento su Twitter, una foto su Facebook o un post su un blog.
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Angela Manganaro, Il Sole 24 Ore, 19 novembre 2009